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giovedì 9 febbraio 2012

"Persepolis", di Marjane Satrapi

Marjane Satrapi ci racconta la sua storia, da bambina che guarda con gli occhi di bambina alla rivoluzione iraniana del '79 a donna adulta che rifugge le convenzioni e le coercizioni di un regime fondamentalista e oppressore, non senza una buona dose d' ironia.


Tarde piaste, Palomito! dice in sogno la mamma del Colombo (Cristoforo) di Altan. E veramente ci sarebbe da genuflettermi e piangere tardivamente per aver scoperto con così tanto ritardo una perla fumettistica del genere, ennesima dimostrazione di come il fumetto sia un media che viva non solo di resa grafica (per quanto mera capacità tecnica non faccia rima a prescindere con creatività visiva), ma di come questo aspetto sia in realtà piegato a veicolare esperienze narrative intraducibili in rapporto 1:1 in un altro media. Per quanto l' animazione e i fumetti abbiano molto in comune in termini di espressività (a riguardo, devo assolutamente vedere l' adattamento cinematografico del qui presente Persepolis), è innegabile che per quanto fedeli si possa essere nel trasporre uno nell' altro, qualcosa di entrambi rimarrà necessariamente precluso al corrispondente.


Essendo una mia fissazione patologica fare paragoni, lo faccio anche qui. Persepolis per certi versi è considerabile il Maus del terzo millennio. Ma perché? In realtà le differenze sono plurime, come spiegherò più avanti, ma non riesco a non scorgere una certa affinità elettiva tra le due opere. Innanzitutto entrambe sono figlie di quel modo di fare fumetto (narrazione>disegno) di cui ho parlato nell' introduzione, ma entrambe rientrano nell' ottica della ricostruzione storica tramite gli occhi dei suoi spettatori quotidiani, la gente comune. Gente come Vladek Spiegelman riguardo all' olocausto, o Marj nella guerra tra Iran e Iraq degli anni '80, la storia, più che farla, la subisce.


E le differenze? A fronte di una comune crudezza nel racconto (specie nel caso di Maus), il punto di vista adottato crea una spaccatura nell' impressione che il racconto lascia. Maus è in buona sostanza un' analisi di come il fantasma di un evento come l' eccidio degli ebrei proietti la sua ombra ancora a decenni dalla sua fine. Un fantasma che insegue e perseguita, qualsiasi sia l' impegno profuso nell' allontanarsene.
Persepolis invece racconta (o meglio, si racconta) il tentativo di sfuggire da un' oppressione che ha radici ben più profonde di quelle della semplice persecuzione di qualsiasi libertà individuale, ma qui la fuga sembra avere un tono più ottimistico, pur essendo ben consci del fatto che qualsiasi sacrificio per il proprio bene avrà un prezzo, piccolo o grande che sia (come ci mostra il finale). Chi lo sa, forse se Persepolis l' avesse scritto la figlia della Satrapi le affinità con Maus sarebbero ancor maggiori di quanto non lo siano già.


Tra amarezza, ironia (ma anche comicità), Persepolis alla sua uscita francese nel 2000 ben meritò il titolo di sorpresa fumettistica di quell' anno, aprendo uno scorcio su di un contesto ben poco conosciuto al di là di certa (spesso cattiva) informazione divulgata.


PS: rileggendo il pezzo su Maus ho realizzato che senza rendermene conto non ho più messo un riassuntino della trama dei fumetti. Da questo pezzo ripesco l' abitudine.

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